mercoledì 30 novembre 2016

Man In The Mirror

“Songs For Beginners“ del 1971, primo disco solista di Graham Nash da cui è tratta questa canzone, si apre e si chiude con due manifesti del sentimento di quell’epoca “Military Madness” e “Chicago/We can change the World”, ma nel mezzo contiene una raccolta di canzoni che trapelano malinconia e un poco di rassegnazione (probabilmente anche dovute alla fine recente della sua relazione con Joni Mitchell) ma riflettono anche il cambiamento, la transizione e la voglia di ricominciare. Una di queste è proprio “Man in the Mirror”, a cui partecipano Jerry Garcia e Neil Young, brano che parte con un valzer country per poi a un terzo del cammino cambiare tonalità, tempo e feeling in un bridge che la trasforma, mutando anche il sentimento di una canzone che descrive forse la ricerca di dare un senso alla vita.




L’uomo nello specchio

All'estremità di una fune da acrobati mi trovo sopra alla città
Starei bene in un circo, come capiterebbe però anche un pagliaccio
Da come mi sento tutte le mie inibizioni sono cessate

Nel mezzo del nulla mi sono trovato un albero
E il frutto di cui viviamo mi ricorda di me
Sebbene viviamo in aria non sono sicuro che siamo liberi

Veramente non ho molto da dire
Perché vivo alla giornata
Da qualche parte

E non mi importa di ciò che dice la gente
Perché se tutti conoscono il modo
Non siamo da nessuna parte

Due più due fanno quattro, non fanno mai cinque
E fintanto che lo sappiamo possiamo tutti sopravvivere
Assicurati che le cose che fai ci mantengano in vita

Veramente non ho molto da dire
Perché vivo alla giornata
Da qualche parte

E non mi importa di ciò che dice la gente
Perché se tutti conoscono il modo
Non siamo da nessuna parte

È l’immagine che sto producendo, l’immagine che vedo
Quando l’uomo nello specchio parla con me


mercoledì 23 novembre 2016

In Dieser Stadt

Hildegard Knef (Ulm, 1925 – Berlino 2002) è stata attrice, di cinema, teatro e televisione, cantante e scrittrice, personaggio pubblico, ma soprattutto, come altre prima di lei – e probabilmente nessuna dopo - Diva. A maggior ragione se si pensa alle dive di provenienza europea che poi si affermavano – valgano come esempio assoluto le inarrivabili Garbo e Dietrich - e venivano definitivamente consacrate tali negli Stati Uniti. Proprio queste due stelle assolute si offrono come riferimento inequivocabile; della prima la Knef reinterpretò il ruolo di Ninotchka nella trasposizione teatrale del Film omonimo che la vide protagonista di un fastoso successo a Broadway, alla seconda fu legata come amica, protégé, e anche per lo stesso destino di “semi-ripudiata” che dovette riconquistare la propria patria, precedentemente abbandonata scientemente per inseguire il successo.

Ritornata in Germania si reinventa cantante ma non solo, perché diventa anche autrice di una serie di canzoni il cui testo è spavaldamente autobiografico, quasi una auto-consacrazione che precede quella tributata dal pubblico, il quale soccomberà al fascino di Hilde. Questa è una di quelle canzoni:


IN QUESTA CITTà (1965)

Pacchetti di sigarette vuoti e colorati
E la carta di panini imburrati accartocciata
Sulla strada per la scuola che percorrevamo ogni giorno
La vedo ancora davanti a me, come fosse oggi
E dalla barbabietola davanti alla stazione
Rubavamo per la mamma il mazzo di fiori per il compleanno:

Io questa città, la conosco bene,
in questa città una volta ero di casa;
che aspetto avrà oggi la città?
In questa città una volta ero di casa.

Tra due lampioni oscurati
Stava una panchina, il mio primo ragazzo si chiamava Cecco
Avrei tanto voluto che mi insegnasse a baciare
Ma i suoi baci facevano ridere
Al mattino rimuginando dietro ai vetri ciechi
Avevo una sola certezza, voglio andarmene!

Io questa città, la conosco bene,
in questa città una volta ero di casa;
che aspetto avrà oggi la città?
In questa città una volta ero di casa.

Una mattina stavo sulla banchina
Sulle rotaie verso il vasto mondo,
e seppi improvvisamente, sulla banchina,
che niente più mi tratteneva in questa città.
Oggi, dopo notti passate a piangere da sola,
non sopporto più questa nostalgia di casa:

Io questa città, la conosco bene,
in questa città una volta ero di casa;
che aspetto avrà oggi la città?
In questa città una volta ero di casa.

mercoledì 16 novembre 2016

Sweet Virginia

Da “Exile On Main Street”, il disco più americano degli Stones (nonostante sia stato concepito per lo più durante il loro "esilio" francese), "Sweet Virginia": in una rivisitazione drogata e sguaiata del Country, con pochi versi questa ballata riesce a evocare l'atmosfera di un viaggio attraverso le grandi distanze degli Stati Uniti.



Camminando a fatica attraverso un inverno deserto e tempestoso
E non c’è neanche un amico che possa aiutarti
Cercando di fermare le onde dietro alle palle degli occhi
Butti giù le tue pillole rosse, le verdi, e le blu.

Grazie per i tuoi vini, California,
Grazie per i tuoi frutti dolci, e amari.
Sì ho il deserto sotto alle unghie dei piedi
E nascondo la benzedrina nelle scarpe

Voglio che tu venga, vieni giù dai, Dolce Virginia,
Voglio che tu venga, dolcezza, ti prego.
Voglio che tu venga, vieni giù dai, ce l’hai in te
Devi raschiarti via quella merda dalle scarpe.


mercoledì 2 novembre 2016

Bright Yellow Gun

Una delle più grandi college band degli anni 80, Throwing Muses si formarono nel 1983 per iniziativa di Kristin Hersh e Tanya Donelly.  Il loro suono spigoloso, angosciato e lunatico era in gran parte dovuto alla malattia mentale della Hersh, affetta da un disturbo bipolare che le causava allucinazioni. Bright Yellow Gun è il singolo tratto da University, l’album forse più accessibile della band, pubblicato nel 1995. 


Pistola giallo brillante

Con la tua pistola giallo brillante, sei padrone del sole
E penso di avere bisogno di un po’ di veleno
Per tenermi domata, tenermi sveglia
Non ho altro da offrire che confusione

E il circo nella mia testa, e il centro del letto
Nel mezzo della notte
Con il tuo cipiglio argento acceso, sei padrone della città
E penso di avere bisogno di un po’ di veleno

Non ho segreti, non ho bugie
Non ho niente da offrire, tranne il mezzo della notte
E penso di avere bisogno di un po’ di veleno
Fai passare una mela alla settimana, per sopravvivere
E devi ancora chiedere se sei vivo
Non hai niente da offrire tranne che sorvegliare imiei sogni
Tenermi pulita, tenermi sveglia
Con la tua pistola giallo brillante, sei padrone del sole
E penso di avere bisogno di un po’ di veleno
Col tuo ghigno argento acceso, sei padrone del peccato
E penso di avere bisogno di un po’ di veleno


pistola giallo brillante